CHIARA ENZO
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Bio

Chiara Enzo (Venezia, 1989) vive e lavora a Venezia. Nel 2018 ha concluso il corso di secondo livello in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia con Carlo Di Raco. Nel 2013, grazie a una borsa di studio Erasmus+, ha proseguito gli studi per 12 mesi presso la De Montfort University a Leicester, nel Regno Unito. Nel 2017 ha vinto la 101ma Collettiva Giovani Artisti della Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia), e nello stesso anno ha ottenuto uno studio d’artista nell’ambito del programma di residenze della stessa fondazione; nel 2018 è stata vincitrice di Lydia! Premio all’Arte Contemporanea Emergente, indetto dalla Fondazione Il Lazzaretto (Milano). Nel 2021 è tra gli artisti selezionati per il Premio Ducato (Piacenza). Nel 2022 è invitata a partecipare a Il latte dei sogni, 59. edizione della Biennale Arte di Venezia.

Statement

La mia pratica artistica si incentra nella relazione tra il sé e l'altro da sé, al cui fulcro è posto il corpo, percepito come topos vulnerabile, straniante e contraddittorio.

L'opera si articola in serie di immagini che incarnano uno sguardo analitico, che si focalizza su esperienze minime e frammentarie; è uno sguardo tattile, che procede per intuizione, che avanza a tentoni percorrendo le superfici della realtà più prossima, dissezionandole e instaurando tra esse nuove relazioni. La superficie, oggetto e soggetto primario della pittura, è qui concepita come pelle, confine, ostacolo entro cui prende necessariamente forma l'esperienza, e nel suo costituirsi come limite si carica del desiderio di oltrepassarsi.

La mia indagine si sviluppa per mezzo del disegno e della pittura, in risposta alla necessità primaria di stabilire un contatto prolungato, esasperato e sfiancante con l'oggetto scandagliato; di decostruirlo e reinterpretarlo partendo da un segno che ricalca l'azione dell'occhio e del cervello. L'uso preminente del pastello permette una dilatazione temporale estrema del processo di realizzazione. Il pastello è una tecnica che reclama un'attenzione tirannica, producendo una tensione che fomenta l'ossessività dello sguardo.

Uno degli aspetti di maggiore importanza è la relazione che viene ad interporsi tra l'opera e l'osservatore, che assume un carattere esclusivo di rapporto a tu per tu. Il formato delle opere è estremamente ridotto, tende a non superare mai le dimensioni di un volto umano. L'immagine viene così ad assumere le sembianze di una piccola finestra, troppo piccola per potervici affacciare; l'astante è però indotto ad avvicinarsi quanto più possibile, a ritracciare il percorso dell'autrice, a cercare nell'immedesimazione una coincidenza degli sguardi, ad attivarsi e mantenersi in uno stato di ricerca inquieta generata dal carattere intenzionalmente parziale e limitato del rappresentato, che induce allo spostamento nel perseguimento della completezza.

L'azione sezionante dello sguardo si attua in un continuo slittamento tra nudo occhio umano e obiettivi di fotocamere e cineprese; visione diretta e filtrata si inglobano vicendevolmente, realizzando quella visione mediata peculiare del mondo contemporaneo che accentua il frammentarsi della percezione della realtà, e la dispersione e il ritrarsi del suo senso.

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